atarassia e politica

E’ una sensazione improvvisa, strana e non del tutto spiacevole. Rassomiglia a quella che ho provato tanti e tanti anni fa, su un autobus di Città del Messico che mi riportava al Villaggio olimpico dopo aver concluso due finali olimpiche all’ultimo posto. Era un senso di vuoto e di pieno, la percezione che qualcosa di importante si era compiuto, non importa se bene o male, ma in modo definitivo. Non si poteva tornare indietro, non si poteva allungare quell’ultima bracciata per cambiare l’ordine d’arrivo. Inutile rammaricarsi o gioire, quel pezzo di realtà ormai era scritto, e non sarebbe più tornato. Era la sensazione di una pausa che avrebbe potuto dilatarsi all’infinito. Forse era “atarassia”, l’assenza di turbamento consigliata dai filosofi, ma così rara e difficile da “conquistare” (ma “conquistare l’atarassia” è un ossimoro).

Ho provato qualcosa del genere in questi giorni. All’improvviso mi sono accorto che qualsiasi presunzione o speranza di cambiare il percorso, di frenare la catastrofe che vedevo arrivare, era inutile. Telefonate, messaggi, email, firme ad appelli in rete, cinguettii forsennati, erano ormai inutili: la realtà prevista e temuta fino all’ultimo si era imposta, l’eutanasia di un progetto di rinnovamento e di rilancio di una società più giusta si era schiantato dentro piccole vanità devastanti di chi pensava di poter governare senza aver vinto le elezioni. E poi quel abbraccio, quelle pacche sulle spalle, quei sorrisi che si sono tramutati in un veleno mortale. Mi sono sentito come quei bambini ingenui che si illudono di poter entrare nella storia e quando vedono la strega cattiva porgere la mela avvelenata a Biancaneve, si alzano e si mettono a gridare per avvisare del pericolo l’ingenua fanciulla. Ma non funziona così, anche nell’era della comunicazione virtuale, di internet, sms, face book e twitter. Se non sei un “grande elettore”, nominato con il “porcellum”, non puoi fare niente: il finale della storia lo scriverà qualcun altro, che pensa di essere molto abile e furbo. E allora non resta che l’atarassia, che arriva come una sorta di farmaco per lenire la sofferenza, e ti ricordi del comandamento di Epicuro, che viveva in un epoca di potere onnipotente e di diffusa corruzione e quindi consigliava “vivi nascosto”, ritirati nel giardino delle amicizie più care e vicine. Eppure, oltre il muro incerto dell’atarassia, una domanda mi sfugge ancora: “perché no a Rodotà presidente”?

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