Bersani e il “match point” di Debora

E’ evidente che Bersani non ha fatto abbastanza sport da giovane, altrimenti non avrebbe detto, durante la campagna elettorale, “…abbiamo già vinto, …siamo la lepre, …non ci raggiungeranno mai”. Chiunque abbia fatto un po’ di sport, a quelle parole, ha sentito un brivido lungo la schiena, perché anche il più laico degli sportivi non riesce a cancellare sottili tracce di superstizione e piccoli riti scaramantici. Chi ha fatto un po’ di sport sa che nessun risultato è sicuro, nessuna vittoria è scontata. Bisogna faticare, impegnarsi, guardare l’avversario con rispetto e sorvegliare le sue mosse nei minimi particolari, accelerare e mantenere le distanze al minimo accenno di fuga, ricordarsi che fino all’ultima bracciata, all’ultima stoccata, all’ultimo tiro, non bisogna mai avere la presunzione di avere il risultato in tasca (ovviamente per il “gioco” del calcio la storia è un po’ diversa). Ecco, lo sport, quello vero, a tutti i livelli, è un antidoto alla presunzione. Il buon Bersani, invece, si è dimostrato –forse in modo inaspettato- “presuntuoso”.

Ha sottovalutato i suoi avversari e questo, nello sport, nella vita e nella politica, è un “sacrilegio”. Ha pensato che il suo vantaggio fosse incolmabile e così ha quasi smesso di correre. Quando si è accorto della “non vittoria” si è inventato gli “otto punti” di un programma elettorale raccontato troppo tardi. Poi si è candidato alla presidenza del Consiglio dimostrando di non aver preso atto del risultato che avrebbe consigliato di cambiare il “capitano” (lui stesso), troppo acciaccato per continuare la partita. E così, quando è arrivato il momento di una nuova “gara” sul Quirinale, è caduto in stato confusionale, non ha capito più quale era la squadra avversaria e quella di casa, a che gioco stava giocando, se la palla era tonda o ovale. Così, prima ha puntato al pareggio, abbracciando e baciando con troppo anticipo la riserva avversaria (Alfano) facendosi imporre il nome del suo/loro candidato (Marini), poi –con un improvviso quanto impreparato rovesciamento di strategia- ha scelto il gioco duro ed ha cercato di sfondare la difesa avversaria usando un vecchio ex capitano (Prodi) come un ariete, ma la sua squadra non lo ha seguito e ha fatto resistenza tanto occulta quanto attiva (in negativo) per mandarlo a casa, a costo di andare tutti incontro alla catastrofe. Con una mossa a sorpresa avrebbe potuto accettare l’inatteso e un po’ perfido “aiutino”, che gli veniva da una squadra che voleva giocare da sola, e schierare un centroavanti utile per fare goal (Rodotà), ma non ha avuto abbastanza coraggio.

Alla fine, quando ormai era troppo tardi, il “povero Bersani” si è fatto da parte ed ha dovuto lasciare il campo a un giovane pacato, esperto e milanista (Enrico Letta), con l’obiettivo di salvare il salvabile in previsione del prossimo campionato (elezioni). Sarà dura, ma probabilmente la sua fede milanista lo aiuterà.

L’esperienza sportiva, invece, è servita alla piccola e grintosa Debora Serracchiani, tennista di buon livello, consapevole che la partita non è chiusa fino all’ultima palla. Ha giocato fino all’ultimo respiro, senza mai fermarsi, senza paura per un avversario che sembrava soverchiante. Ha giocato anche contro gli “esperti”, i sondaggi e la cronaca politica degli ultimi giorni che la davano ampiamente sfavorita. Chi ha fatto un po’ di sport sa che la tenacia, la bravura e anche un po’ di fortuna possono rovesciare il risultato accreditato dagli scommettitori (ammesso che la partita non sia truccata). Alla fine Debora Serracchiani ha fatto “match point”, come nel film di Woody Allen, ma ha trattenuto il fiato finché la palla decisiva, rimbalzando più volte sulla rete, per un inezia (meno di 2000 voti) è caduta sul campo avversario, dandole la vittoria (riconosciuta sportivamente da Tondo). Adesso, dopo una campagna elettorale intensa e veloce, Debora Serracchiani ha di fonte a sé una gara lunga ed impegnativa, che richiede visione strategica e resistenza. Per fortuna è donna, è giovane, la fatica e l’impegno non la spaventano, e sa bene che non si vince e non si perde mai da soli.

fdc