Piccole bugie

Ci sono piccole bugie che intralciano la comprensione di questo lungo e tormentato momento della vita politica italiana. La prima bugia, piccola ma non ininfluente, è stata ripetuta dal Movimento 5 Stelle, che nelle prime settimane della XVII legislatura si è auto presentato come “il primo partito alla Camera e al Senato”, mentre in realtà, grazie al voto degli italiani all’estero (un campione di “opinione pubblica” interessante, che non è stato esposto all’invasione televisiva di Berlusconi e ai comizi-spettacolo di Grillo), il primo partito era ed è il PD. Poco male, ma per un certo periodo la piccola bugia è servita ad accreditare una supremazia parlamentare di M5S che in realtà non esiste e a indebolire il già debole incarico di Bersani alla ricerca di una soluzione governativa.

Un’altra bugia, un po’ più consistente per le sue conseguenze, è stata diffusa dall’onorevole Alfano e ripetuta tante volte da esponenti del Pdl da sembrare vera. “Bersani –dicono- ci ha fatto perdere un mese per le sue consultazioni”, mentre “la casa brucia” (questo, in effetti, è vero, ma Alfano & C sono tra gli incendiari). In realtà il “tempo perso” è stato del tutto istituzionale. Il povero Bersani ha ricevuto l’incarico esplorativo il 22 marzo ed ha gettato la spugna il 28 marzo, quindi ha “perso” soltanto sei giorni. Ha “perso tempo” a parlare con Saviano e don Ciotti, ma avrebbe potuto interrogare esclusivamente se stesso, leggere qualche giornale e magari provare a fare una telefonata a Grillo, che non gli avrebbe risposto oppure lo avrebbe accusato di stalking oppure gli avrebbe fatto una pernacchia. E così le “consultazioni” di Bersani potevano durare mezza giornata.

L’ultima bugia, invece, è particolarmente grave e vede una compatta complicità tra politici, giornalisti ed autorevoli commentatori, che si intervistano l’un l’altro. Riguarda la legge elettorale. “Perché mai -si chiedono e si rispondono un po’ tutti, adottando il meta giornalismo di Marzullo- i partiti dovrebbero riuscire a cambiare il famigerato “porcellum”, visto che potevano farlo e non lo hanno fatto?”. La risposta che si danno da soli è “…perché i partiti sono tutti uguali e il “porcellum” fa comodo a tutti”. La risposta, forse, è un po’ vera, ma la domanda è sbagliata, perché non si siano accorti della profonda e radicale differenza del contesto politico? Il Parlamento della scorsa legislatura, nonostante lo scorcio del governo Monti, era dominato dalla gigantesca maggioranza composta da chi aveva ideato ed approvato il “porcellum”, in particolare da Berlusconi e Bossi, anche quando Fini e Casini giocavano al “terzo polo”. Così, qualsiasi tentativo di cambiare l’obbrobrio elettorale si è incagliato in quella vecchia maggioranza. Il Pd, con poco fiato in corpo, aveva proposto il sistema elettorale alla francese, che funziona bene anche per i sindaci (maggioritario a doppio turno), ma come sempre non si è fatto sentire. Adesso il “contesto” è cambiato e quindi cambia il “significato”. Pdl e Lega, sempre alleati, sono minoranza in Parlamento. Pd e 5 Stelle -se vuole anche Scelta civica- potrebbero cambiare il “porcellum”. Se la proposta Pd fosse considerata troppo innovativa la soluzione può essere quella della proposta referendaria, che ha raccolto 1 milione e 200 mila firme: resuscitare il vecchio Mattarellum, “assassinato” da Calderoli per fare dispetto a Prodi. E’ un sistema uninominale, che permette di guardare in faccia i candidati e di sceglierli in modo consapevole, con un “recupero” proporzionale del 25%, per dare a tutti diritto di tribuna.

Cambiare il “porcellum”, adesso, è facile. Basta volerlo. Perché M5S non se ne fa promotore, invece di stare alla finestra mentre l’Italia affonda? Dietro l’angolo, però, c’è il rischio che due “saggi” scelti da Napolitano, Violante e Quagliarello, si rimettano a giocare con una proposta che nella scorsa legislatura aveva cercato di superare l’empasse –senza riuscirci- elaborando un pasticcio proporzionale con sbarramenti e “premietti” di maggioranza che sarebbe stato un “porcellinum”. Il Parlamento, se vuole, può cambiare davvero la legge elettorale e restituire ai cittadini la loro libertà di scelta, ma ci vuole rapidità, chiarezza di idee e determinazione. Si può fare…?

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