nessuno è perfetto

“Nessuno è perfetto”. Probabilmente il nostro sguardo, attonito, sulla politica italiana è lo stesso di Jack Lemmon, quando si toglie la parrucca bionda, nella scena finale di “A qualcuno piace caldo” (Billy Wilder, 1959).

Non è perfetto l’attuale parlamento italiano, nominato con un “porcellum” incostituzionale, lontano anni luce dallo “spirito costituente” del quale avrebbe bisogno l’Italia che ha vissuto una lunghissima e sfiancante crisi economica, sociale e politica. Nessuna meraviglia, quindi, se i tentativi fatti per scuotere il nostro paese da un immobilismo antico ed ostinato siano pieni di imperfezioni. Assai imperfetto è il governo, uscito dalla “non vittoria” del Pd alle elezioni del 2013. Dopo il gran rifiuto del M5S a qualsiasi dialogo, il Pd si è consegnato alle “larghe intese” con Berlusconi, che si sono ristrette quando l’ex cavaliere è stato condannato ed espulso dal Senato, lasciando in eredità Alfano. Il governo diventa ancora meno perfetto quando la sinistra interna al Pd, che pure avrà le sue ottime ragioni, fa le bizze, vota e non vota e così apre le porte all’assai imperfetto Verdini, per raggiungere uno straccio di maggioranza parlamentare, salvo lamentarsi del trasformismo dilagante.

Dentro questa cornice sbilenca era inevitabile che il nugolo di riforme avviato da un premier scapestrato come Matteo Renzi fosse pieno di imperfezioni. Non è perfetto il Jobs Act, ma qualche migliaio di posti di lavoro li ha creati. Non sarà perfetta la legge sulle Unioni civili, con il tema delle adozioni rimandato a tempi migliori, ma alla fine arriva in Italia dopo lustri di ritardo ed inutili baruffe. Forse sono un po’ imperfetti anche jus soli e jus culturae, ma sempre meglio del jus sanguinis, che esclude dalla cittadinanza bambini nati e/o cresciuti in Italia.

Non saranno perfette le prossime elezioni comunali per il Pd, assediato da indagini, arresti e condanne, e forse anche per il M5S, che vive la stessa sorte a Livorno ma è condannato a vincere a Roma dopo Mafia capitale.

Forse non è perfetta la riforma della Costituzione, realizzata da un parlamento rissoso e maleducato. Riforma che non piace a molti autorevoli costituzionalisti, magistrati ed intellettuali, ma alla fine –anche se in modo imperfetto- riduce drasticamente il Senato, pone fine al “bicameralismo perfetto”, al pseudo federalismo introdotto con la modifica del Titolo V della Costituzione (introdotto nel 2001) e abolisce il più che inutile CNEL.

Molti denunciano una “deriva autoritaria” per un eccesso di potere all’esecutivo, ma il nuovo sistema che emerge dalla riforma costituzionale, rassomiglia molto a quello, maggioritario e con Senato o Camera dei Lords quasi inconsistenti, di Francia ed Inghilterra, culle della democrazia parlamentare. A ottobre, quando si andrà a votare per il referendum confermativo, senza quorum, come sancisce l’articolo 138 della Costituzione, molti perfezionisti, con tante buone ragioni, voteranno No soprattutto per rimandare a casa Matteo Renzi, che ha fatto tutto il possibile per personalizzare il voto. Lo stesso si può dire per l’ “italicum”, che ha sostituito il “porcellum”, frutto di un compromesso imperfetto, fatto e rinnegato dal solito Berlusconi. Questo parlamento non aveva e non ha numeri per far passare una legge elettorale un po’ meno imperfetta, ma questo sistema garantisce, se nessuna lista raggiunge il 40% dei voti, un doppio turno, come avviene per l’elezione del sindaco. In ogni collegio il capolista sarà “bloccato”, ma se dovesse essere selezionato da primarie fatte seriamente, darebbe una fisionomia maggioritaria a un pezzo importante degli eletti, mentre gli altri –con alternanza di genere- dovranno andare a caccia delle preferenze (a rischio di voto di scambio e di inquietanti spese elettorali).

Nel frattempo quasi tutti i media denunciano un nuovo conflitto tra politica e magistratura, anche se il premier si sgola per dire che non c’è alcun complotto e che i giudici devono arrivare presto a sentenza. Ma ormai i titoli dei giornali valgono più della realtà, come ha sperimentato il magistrato Morosini, che dopo un improvvido colloquio informale con una giornalista, si è ritrovato ad aver detto “bisogna fermare Renzi”.

A questo punto, se la perfezione –secondo un aforisma anonimo- è l’arte dei pretenziosi e l’imperfezione quella dei geni, nessuno si meraviglia che la sinistra sia pretenziosa, ma il rischio è che Matteo Renzi diventi …un genio.

fdc